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FBE – La compagnia dei viaggiatori… a sbafo

Tutto  era iniziato nel migliore dei modi. Avevo conosciuto l’editore Fabio Badin, titolare della casa editrice FBE, alla mostra del libro di Belgioioso e poi l’avevo rivisto a quella di Roma, dove condivideva lo stand con l’editore Francesco Altieri di Magenes. Io già lavoravo per Altieri e lui stava per diventarne socio. In quell’occasione, mi aveva invitata ad una mostra del libro a Genova. Qui mi aveva parlato di un libro che intendeva tradurre, dal titolo Rue des Maléfices di Jacques Yonnet. Mi aveva chiesto se sarei stata interessata a tradurlo e me ne aveva mandato una copia per permettermi di farmi un’idea del lavoro. Dopo averne letti alcuni capitoli, però, pur apprezzando l’originalità dello stile e l’atmosfera fantastica del racconto, mi ero resa conto che le caratteristiche linguistiche dell’opera erano lontane dalle mie corde. Per questo ho preferito rinunciare al lavoro e ho rimandato il testo all’editore. C’era anche il fatto che io ero abituata a lavorare su progetti miei piuttosto che su lavori proposti da altri.

E la mia idea in quel periodo era di tradurre il Voyage musical en Italie di Hector Berlioz, estrapolato dalle monumentali Mémoires.
Volevo farlo diventare un interessante diario di viaggio. Il motivo per cui la FBE mi sembrava la casa editrice ideale per questo testo era che essa aveva in catalogo, oltre alle collane di viaggio, anche molti testi di musica. Il libro di memorie di Berlioz è stato accettato e la mia traduzione ha poi avuto molti riscontri positivi. Malgrado questo, però, ho dovuto ingoiare parecchi bocconi amari. Quando mi sono recata allo stand dell’editore alla mostra di Roma Più libri Più liberi ho notato che, inspiegabilmente, sul tavolo c’erano soltanto tre copie del libro. Mi sembrava un errore dato che il testo, dal titolo Viaggio musicale in Italia, racconta proprio il soggiorno del musicista a Roma. Per questo, quando una signora ne ha acquistato una copia, individuandola seminascosta fra le pile di altri libri, mi sono complimentata scherzosamente con lei per la sua vista acuta. Non lo avessi mai fatto! Appena la signora è andata via, Badin mi ha detto in modo molto sgarbato che era lui a decidere cosa portare e non portare alle mostre e come sistemare i libri sul tavolo. Ma, a dimostrazione del fatto che un autore famoso come Berlioz e un libro legato alla capitale avrebbero suscitato il grande interesse dei lettori romani, è stata la vendita in poche ore delle tre copie.

Pochi mesi dopo è uscita la traduzione del libro di Martha Gellhorn dal titolo In viaggio da sola e con qualcuno. Conoscevo bene questa grande giornalista e scrittrice e mi ero offerta di scrivere l’Introduzione al suo divertente libro di horror trips in giro per il mondo. E in questa occasione è successa un’altra cosa molto spiacevole. Sapendo che il primo luglio l’editore sarebbe partito per i suoi consueti due mesi di vacanza in Catalogna, paese della moglie, mi ero premurata di mandargli per tempo il CD con il testo. Avevo spedito la busta raccomandata con ricevuta di ritorno il 18 giugno, segnalandogli via mail la spedizione. La ricevuta di ritorno mi era arrivata regolarmente firmata, per cui ero tranquilla. E invece non avrei proprio dovuto essere tranquilla! Verso il 10 di settembre, infatti, l’editore mi ha telefonato per dirmi che stava per impaginare il libro e che avrei quindi dovuto affrettarmi ad inviargli il mio lavoro. Ma io glielo avevo mandato quasi tre mesi prima! Che cosa era successo? Semplice: il mio prezioso CD, che conteneva il lavoro di un mese, era stato ritirato da sua madre ed era finito in fondo a un cassetto, dove era rimasto sepolto in mezzo ad altre cose e dimenticato.

Il libro della Gellhorn con la mia introduzione era stato portato alla mostra del libro al castello di Belgioioso. La giornalista e critica letteraria di Repubblica Antonella Barina è venuta allo stand per informarsi delle novità. Le ho parlato del libro di Martha Gellhorn, descrivendole il contenuto e dicendole che uno dei capitoli era dedicato al viaggio da lei fatto in Cina insieme al marito Ernest Hemingway. A questo punto è intervenuto l’editore, sottolineando la presenza di Hemingway a fianco della moglie in tutti i viaggi. Nella mia ingenuità, non mi ero resa conto, sul momento, che lui stava vendendo alla giornalista una bufala per pubblicizzare il libro attraverso il nome di Hemingway, molto più famoso di quello della moglie. Appena la giornalista è andata via, Badin  mi ha rinfacciato il fatto che non avessi sostenuto con forza la sua versione. Ma, al di là della meschinità dell’espediente, esso non avrebbe funzionato perché questa brava giornalista di Repubblica, a differenza di altri colleghi meno attenti, leggeva sempre, con grande accuratezza, i libri recensiti .
 
Spesso l’editore si lasciava andare a comportamenti villani del tutto fuori luogo. Uno di essi si era verificato a Torino, l’anno in cui condivideva lo stand con Francesco Altieri, editore di Magenes, presso il quale io stavo per pubblicare una guida di Londra. Avevo fatto stampare, naturalmente a mie spese, un dépliant con l’immagine delle copertine della mia guida di Parigi, già uscita presso Ibis, e della guida di Londra, che stava per uscire. Avevo chiesto ad Altieri se sarebbe stato d’accordo ad incollarlo sulla parete della sua porzione di stand e lui aveva detto di sì. Era un modo per rendere più visibili le due guide a chi passava lì davanti. Ma l’editore Altieri non aveva ancora quasi finito di incollarlo che Badin si è avventato come una furia su quel povero dépliant e lo ha strappato in mille pezzi. Era una cosa del tutto insensata perché quella parte di stand non era sua e lui non aveva alcun diritto di disporne. L’editore Altieri avrebbe dovuto dire qualcosa, ma, come al solito, non ha profferito parola, lasciando correre pur di non creare conflitti. Incidentalmente, dico che questo tipo di atteggiamento non lo avrebbe aiutato, più tardi, in questioni ben più gravi di questa, avendo contribuito ad incoraggiare il suo socio a compiere delle pesanti scorrettezze ai suoi danni, sicuro di restare esente da qualsiasi conseguenza.
 
Anche la moglie dell’editore Badin non è stata da meno nell’escogitare dispetti del tutto fuori luogo. Un anno, alla mostra del libro di Torino, mi stavo recando allo stand di Altieri, attiguo al loro, ma dalla parte più interna. Mentre attraversavo l’ingresso, la donna mi si è piazzata davanti, ergendosi in tutta la sua stazza, e mi ha sbarrato la strada. In questo modo mi ha  costretta a parlare con Altieri dall’esterno. Ridicolo! E dire che solo l’anno prima, a  Belgioioso, avevo fatto da baby sitter ai suoi due figli! Non ho mai saputo il motivo del suo comportamento antipatico e odioso.
 
Dopo la pubblicazione del libro di Martha Gellhorn e di quello di Berlioz è diventato palese, attraverso i protratti rinvii e la vaghezza delle risposte di Badin, che la mia manodopera doveva essere considerata gratuita. La cosa non è poi così sorprendente.  Viviamo in un paese in cui i raggiri sono all’ordine del giorno e gli editori non sono secondi a nessuno nel perpetrarli. Inoltre, nella mia ingenuità, avevo lavorato senza contratto, il che complicava le cose. Devo dire che, se l’editore mi avesse detto: “Guarda, sono in difficoltà, concedimi una proroga fino a quando le cose non andranno meglio”, io avrei aspettato. Ma questo non è accaduto e l’atteggiamento dell’editore è diventato sempre più losco e sospetto. Perciò gli ho fatto scrivere dall’avvocato. Peggio che mai. La lettera ricevuta in risposta,  oltre ad essere offensiva, era un capolavoro di fandonie create ad arte. Io avevo lavorato con impegno e competenza ed era ridicolo leggere che sarei stata io stessa a definire la mia traduzione come la  ‘revisione’ di una versione precedente. Non avrei mai fatto nulla del genere.
A questo punto, ho deciso di ricorrere alla legge. Naturalmente, date le lungaggini e le disfunzioni del nostro sistema giudiziario, l’operazione è diventata un calvario. Mi sono dovuta recare al Tribunale di Milano per ben cinque volte nell’arco di due anni. Mi dovevo trovare lì alle 8 di mattina e per questo ero costretta a pernottare in hotel la notte precedente. Così, i costi dell’ alloggio, del vitto e dei trasporti , da sommare a quelli per l’avvocato, hanno superato di gran lunga la modica cifra che avevo richiesto. Senza contare lo stress delle lunghe ore trascorse in piedi,in coda nei vari uffici; quelle passate a percorrere i corridoi labirintici alla ricerca della stanza giusta, che non corrispondeva mai a quella indicata sulla targa posta all’esterno; della quantità sempre insufficiente di documenti necessari, sui quali apporre marche da bollo acquistate in tabaccherie all’esterno del tribunale, mentre non sarebbe così difficile organizzarne la vendita all’interno. Ma il cittadino italiano deve soffrire!

Nell’insieme è stato un supplizio di cui avrei volentieri fatto a meno. Per maggiore sfortuna il mio calvario si svolgeva contemporaneamente ai ricorsi di massa dei milanesi contro l’Ecopass, costituito da sanzioni per chi entrava con l’auto nelle zone a traffico limitato e deciso dal sindaco Moratti e dalla sua giunta. Le contestazioni a questo provvedimento rendevano le code e i tempi di attesa ancora più lunghi del solito, perché i giudici di pace erano sommersi da migliaia di ricorsi. E la beffa, vista a posteriori, è che quei ricorsi sono stati piuttosto inutili, dato che tre su quattro venivano accolti in quanto il provvedimento del comune era considerato fuorilegge. Quindi, per dirla con Shakespeare, Much ado about nothing. Matteo Salvini, allora capogruppo della Lega in consiglio comunale,  aveva giudicato illegittime le telecamere, mentre Pierfrancesco Majorino capogruppo del Pd aveva giudicato dilettantistico il provvedimento della giunta sul traffico. Io avevo parlato con alcuni dei milanesi che erano lì e loro mi hanno spiegato il motivo del loro ricorso. Una signora mi ha detto, ad esempio, che quella misura che le impediva di portare l’auto vicino a casa le rendeva impossibile accompagnare in ospedale la madre non autosufficiente per la sua fisioterapia. Purtroppo, nel nostro paese si è obbligati a fare affidamento sulla struttura familiare, di conseguenza i provvedimenti di tipo collettivo creano enormi problemi, se prima non si propone un’alternativa efficace.  
 
Alla fine di questo percorso tribolato, però, il giudice mi ha dato ragione con una frase lapidaria: “Il lavoro è stato eseguito, quindi deve essere pagato.” Voglio aggiungere che, mentre era in corso questo iter giudiziario e prima di arrivare alla sentenza, la madre dell’editore, quella stessa che aveva fatto finire per tre mesi il mio lavoro in fondo a un cassetto, ha telefonato piangendo al mio avvocato, supplicandolo di convincermi a recedere dalla richiesta economica, perché il figlio era in cattive acque. Eh, le mamme italiane, non si fermano davanti a nulla, per difendere i figli anche quando non lo meritano…
 
Quindi, alla fine, ho avuto giustizia. Chi invece non ha avuto il riconoscimento  di ciò che gli era dovuto sono stati i molti poveri autori e traduttori che avevano lavorato per la FBE. Alcuni li conoscevo già da prima e mi scrivevano per sapere come stessero le cose. Purtroppo, gli dovevo dire che la FBE era fallita e che la situazione era piuttosto rischiosa. Mi sembrava la classica posizione di ‘passata la festa gabbatu lu santu’, che, tradotto in italiano, significa che una volta ottenuto da qualcuno ciò che si desidera, ci si dimentica delle promesse fatte per ciò che si è ricevuto. . Fra quelli che si erano presi la fregatura, c’era un traduttore italiano residente a Barcellona, che mi aveva detto che l’editore si era intascato i soldi che il governo catalano dava a chi traduceva autori del luogo, ma a lui non aveva dato nulla. Anche l’agente letterario Guido Lagomarsino che aveva fatto da tramite con la casa editrice francese detentrice dei diritti sul libro Rue des Maléfices, di Yonnet, era abbastanza invelenito perché il copyright per la traduzione non era stato pagato. Da parte mia, ho acquistato le ultime copie disponibili dei libri di Berlioz e della Gellhorn, le ho fatte rilegare e le ho donate alle biblioteche interessate. Un bell’atto di  generosità, di cui vado molto fiera.

 
Nota: La mia affermazione si riferisce al tempo, non so se dopo le cose siano cambiate


 

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